La nostra quotidianità è immersa nei sali: dalla cucina alla cosmesi passando anche per il corpo umano i sali rivestono un importantissimo campo applicativo. In questo articolo daremo quindi un’occhiata alle proprietà chimico-fisiche dei sali.
CHE COS’É UN SALE?
Abbiamo già introdotto in maniera sbrigativa il concetto di sale nell’articolo dedicato ai composti ionici perchè i sali sono appunto dei composti ionici. Sappiamo anche come dare il nome ai sali inorganici perchè esistono tutta una serie di regole, la nomenclatura, che ci permettono di attribuire il nome a un particolare sale in maniera univoca.
Ma cosa sono quindi questi benedetti sali?
Quotidianamente usiamo il Sale per condire i nostri pasti e usiamo semplicemente la parola sale senza darci troppo peso. Nel linguaggio comune è giusto e lecito usare la parola sale per indicare il condimento ma quando parliamo di Chimica bisogna essere più attenti.
Il sale da cucina che chiamiamo appunto generalmente Sale non è che uno dei tantissimi composti che sono presenti nella grande famiglia dei sali. In particolare i cristallini bianchi che usiamo per condire i nostri cibi è il cloruro di sodio (NaCl).
Attribuiamo quindi ad ogni membro del gruppo dei sali un nome e una formula specifica per distinguerli dagli altri composti salini.
Quali sono però le caratteristiche necessarie per poter dire che un composto appartiene alla famiglia dei sali?
Analizziamo il cloruro di sodio visto che l’abbiamo appunto chiamato sale e vediamo cos’ha di particolare.
A prima occhiata una cucchiaiata di sale si presenta come una insieme di piccoli cubetti solidi bianchi o trasparenti, se ora prendiamo un singolo cristallo e lo guardiamo da più vicino vediamo che la sua forma è quella di un cubo, parleremo in seguito di questa caratteristica. Se potessimo zoomare quasi all’infinito potremmo arrivare a vedere i singoli ioni che costituiscono il composto disposti secondo un particolare schema spaziale che prendere il nome di reticolo cristallino.
Un sale quindi per essere considerato tale deve possedere le seguenti caratteristiche:
- Essere solido
- Essere composto da ioni
- Avere una disposizione ordinata degli ioni, cioè essere un cristallo
Queste caratteristiche permettono di identificare in maniera definitiva che si tratta di un sale.
SOLIDO CRISTALLINO
I sali essendo solidi devono per forza di cose essere o solidi amorfi o solidi cristallini. Abbiamo però detto che i sali presentano un certo ordine nella disposizione degli ioni che formano il composto, tale definizione rispecchia appunto la definizione di un cristallo.
Nei sali quindi si osserva una regolarità quasi perfetta nella disposizione spaziale degli ioni, questa disposizione prende il nome reticolo cristallino (R.C.). Il reticolo si estende per tutte le 3 dimensioni del solido ma è possibile individuare all’interno dei reticoli una ripetizione della stessa unità di base. Questa unità di base presa singolarmente e moltiplicata infinite volte nella 3 dimensioni ci permette così di ottenere il reticolo cristallino completo e quindi il solido. L’unità di base che si ripete prende il nome di cella elementare.
Le celle e i reticoli sono uguali per tutti i sali oppure cambiano?
Esiste tutto una branca della scienza che si occupa in dettaglio della disposizione degli atomi e ioni all’interno dei r.c., per capire cosa siamo i sali non c’è bisogno di approfondire tantissimo l’argomento.
Ogni combinazione di cationi e anioni porta alla creazione di una particolare cella elementare che a sua volta porta a un reticolo cristallino diverso. Spesso alcuni sali anche molto diversi tra di loro possono avere reticoli simili o addirittura uguali, quello che determina la disposizione spaziale degli ioni è la natura stessi degli ioni e in minor parte la pressione e la temperatura.
Prendiamo sempre il cloruro di sodio e vediamo qual è la sua disposizione spaziale e confrontiamola con quella di altri sali.
Reticolo Cristallino del Cloruro di sodio
L’NaCl presenta una disposizione spaziale piuttosto semplice ed è molto facile da comprendere.
Ogni ione è circondato da 6 controioni, quindi ogni ione Na+ sarà circondato da altri 6 ioni Cl– i quali a loro volta saranno circondati da altri 6 ioni Na+.
La celle elementare associata ad NaCl è rappresentata nella seguente immagine:
Notiamo che il puntino verde al centro è circondato da 6 puntini neri. Non entreremo nel dettaglio e diremo solo che questa celle elementare prende il nome di struttura cubica a facce centrate (fcc).
Il reticolo dicevamo che si sviluppa nelle 3 dimensione e la stessa geometria la si osserva anche macroscopicamente se il cristallo è cresciuto senza troppi difetti.
Reticolo Cristallino Fluoruro di calcio
Il CaF2 è anche esso un sale, questa volta formato da ioni Ca2+ e ioni F–. Come tutti i sali anche questo composto ha una disposizione ordinata degli ioni e quindi appartiene ai solidi cristallini, a differenza del NaCl visto prima questo sale ha un reticolo cristallino e una cella elementare diversa.
Nell’immagine seguente è riportata la cella elementare di CaF2.
Questi due brevi esempi ci servono per capire principalmente 3 cose riguardante i sali:
- I sali hanno delle stechiometrie ben definite perchè è necessario che ogni singolo cristallo sia elettricamente neutro. In CaF2 per esempio abbiamo il doppio degli ioni F– rispetto agli ioni Ca2+.
- Ogni sale ha la propria disposizione tridimensionale degli ioni che dipende dalla natura degli ioni e in minor parte dalla temperatura e dalla pressione.
- La forma macroscopica di un cristallo rispecchia la struttura della cella elementare.
CARATTERE IONICO E COVALENTE
Nella rappresentazione comune di un sale si tende a considerarlo composto da ioni i quali vengono raffigurati mediante delle palline a cui sono associate delle cariche in base alla differenza di protoni ed elettroni. Per formare il sale, cioè la struttura macroscopica, si dispongono gli ioni in un modo ordinato e preciso costruendo così il reticolo cristallino visto prima.
In questa visione semplicistica si considera che l’unica forza di attrazione tra gli ioni sia quella elettrostatica perchè dalla teoria del legame abbiamo imparato che se la differenza di elettronegatività (ΔE) è maggiore di 1,9, valore molto comune per i sali, allora il legame era ionico. Sotto il valore di 1,9 il legame era covalente polare, in questa visione del legame chimico non viene considerata la possibilità che un legame tra 2 particelle, atomi o ioni, possa avere sia caratteristiche covalente che ionico. O è bianco o nero senza tenere conto di tutte le sfumature di grigio esistenti.
Nel modello semplificato del legame ionico si considera che ogni ione sia attratto o respinto da quelli vicini solo e soltanto per forza elettrostatiche. Si considera quindi che gli ioni restino tali e quali sempre e che non ci possa essere una minima condivisione di elettroni. In quest’ottica i 2 ioni costituenti del sale da cucina, Na+ e Cl–, esistono sempre come ioni individuali non mutabili, al massimo possono solo attrarsi da una certa distanza stabilita, in base alla geometria del reticolo cristallino.
Ovviamente considerare il legame chimico nei termini espressi prima è una brutale semplificazione del reale legami tra gli ioni, è utile farlo per introdurre i composti e fare una prima grossolana divisione ma se si vuole approfondire il discorso è utile fare ulteriori precisazioni.
La realtà ovviamente è molto più complessa e considerare i sali nel modo descritto prima non spiega totalmente i dati forniti dalle analisi, non ci resta quindi che ampliare il nostro modello ionico e svilupparlo in modo da includere tutte o quasi le caratteristiche dei sali più diversi.
Tetracloruro di titanio
Uno dei motivi per il quale ci si è accorti che il modello del legame ionico visto prima non era completo è dovuto al confronto dei punti di fusione di diversi sali.
I sali per come sono stati descritti hanno dei punti di fusione molto elevati proprio dovuto al fatto che è presente il legame ionico, nell’articolo sulle proprietà dei sali il punto di fusione viene trattato più in dettaglio. I solidi legati mediante legami covalenti hanno punti di fusione generalmente più bassi.
Ci si è accorti però che sali come il tetracloruro di titanio (TiCl4) o il tribromuro di oro (AuBr3) presentano dei punti di fusione incredibilmente bassi se confrontati con le eccessive temperature di fusione degli altri sali. Come è possibile?
Se analizziamo il TiCl4 ci accorgiamo subito che il nome datogli rispecchia perfettamente le caratteristiche di nomenclatura associate a un sale. Questo composto lo possiamo immaginare come l’interazione di 4 ioni Cl– e uno ione Ti4+, disponiamo tutto in modo da creare il reticolo cristallino ed il gioco è fatto. Facciamo così perchè sappiamo che i sali nascono dall’interazione di un catione (un metallo) e un anione (un nonmetallo). Peccato che così facendo ci aspetteremo un punto di fusione mostruosamente alto visto che lo ione Ti4+ ha una carica molto grande.
Il punto di fusione di TiCl4 invece è di soli 24,1 °C, è addirittura un liquido a temperatura ambiente. Il modello che considera il Cloro e il Titanio come ioni non regge. In più questo composto che è liquido non conduce corrente elettrica ed è altamente miscibile con i composti apolari il che ci fa intuire che TiCl4 abbia appunto caratteristiche apolari.
Tutte queste considerazioni ci portano a dire che il composto non sia in realtà un sale ma piuttosto che esistano molecole singoli di TiCl4 tutte apolari che interagiscono tra di loro tramite deboli forze intermolecolari, spiegato così il perchè il composto è liquido e perchè non conduce corrente elettrica. Se le molecole quindi sono discrete, cioè è possibile individuare delle molecole singole, allora vorrà dire che tra il Cloro e il Titanio è presente un legame principalmente covalente.
A questo punto andando a confrontare la differenza di elettronegatività tra Cloro e Titanio ci si accorge che il risultato è:
ΔE = ECl – ETi = 3,16 – 1,54 = 1,62
Un valore che entra nel range del legame covalente polare e quindi tutto il discorso fatto prima in teoria non dovrebbe avere senso visto che siamo partiti da una premessa sbagliata, cioè che il TiCl4 sia un sale quando in realtà bastava un piccolo calcolo per dirci che è un composto covalente. Il ragionamento a prima vista è sensato ma se si confronta il ΔE tra Cloro e Ferro nei cloruri di ferro (FeCl2, FeCl3) ci si accorge che è presente un ΔE = 1,33, più basso rispetto al valore ottenuto prima con il Titanio, i cloruri di ferro però manifestano tutte le caratteristiche dei sali e in particolare hanno punti di fusione molte elevati (900 °C e 300°C).
Quindi il nostro modello del legame ionico con le sferette e tutto il resto non regge e va ampliato.
La % di legame ionico
Si può ora andare ad immaginare di ampliare il modello del legame ionico e dire che non è vero che i metalli e i nonmetalli danno origine solo a composti ionici, esistono dei casi nei quali è presente anche una certa influenza dovuto ad un legame covalente. Si arriva quindi a dire che i singoli ioni non passano tutto il tempo a essere ioni ma possono anche ricevere elettroni dagli anioni vicini e formare così un legame covalente, non come lo conosciamo noi ma qualcosa che ci si avvicini parecchio.
Si arriva quindi a parlare di % di legame ionico in un sale. Non esiste più il concetto di legame covalente al 100% e legame ionico al 100%, si parla della somma del contributo ionico e covalente a un legame tra 2 “ioni”.
Esistono dei modi per determinare il valore delle % dei 2 tipi di legami che si basano sui valori del dipolo elettrico calcolato teoricamente e il valore ottenuto sperimentalmente.
Nella tabella sono riportati alcuni composti in funzione della % di legame ionico e della differenza di elettronegatività.
La curva in rosso è l’andamento teorico, è stata costruita sulla base dei calcoli considerando il legame ionico quasi esclusivamente come ioni stabili nel tempo senza interazioni covalenti. Notiamo subito che la curva tende ad appiattirsi in alto non arrivando mai a toccare il 100% di legame ionico, questo ci suggerisce che i composti ionici che manifestano solo e soltanto interazioni elettrostatiche non esistono ma è sempre presente almeno in parte un contributo covalente, cioè di condivisione degli elettroni.
Notiamo anche in basso a sinistra i valori calcolati (la curva) sono in accordo con i valori sperimentali (i punti), questo indica che in quella regione il modello che descrive il legame è un buon modello e spiega molto bene il comportamento di quei composti. In questa regione abbiamo composti prettamente non polari o con bassa polarità.
Più si sale e più si riscontrano valori diversi rispetto alla curva. Il modello che usiamo per descrivere questi sali è quindi sbagliato e bisogna ampliare il tutto. Per descrivere in maniera più completa i sali si usa anche per loro l’approccio degli orbitali molecolari.
Un composto salino come NaCl non presenta solo un legame di natura elettrostatico ma esiste una certa condivisione di elettroni tra Na+ e Cl–. Possiamo affermare con ottima approssimazione che tutti i composti che presentano un carattere ionico sopra il 50% sono da considerarsi sali a tutti gli effetti.
DISTINZIONE TRA GLI IONI
Come possiamo capire se un composto formato da un metallo e un non metallo abbia caratteristiche saline oppure manifesta un comportamento simile a quanto visto per TiCl4?
Basse cariche
La tabella di prima mostra solo composti formati da ioni monovalenti, cioè ioni che hanno solo una carica, e tutto sommato i valori ottenuti non sono lontanissimi dalla curva in rosso. Possiamo quindi dire che i composti formati da un metallo e un nonmetallo nella forma ionica a bassa carica sono da considerarsi sali.
In questo gruppo rientrano sicuramente tutti i composti che hanno come cationi i metalli alcalini e quelli alcalino terrosi più tutti i cationi a bassa carica dei metalli di transizione (Cu2+, Fe2+ Cu+, Ni2+, ecc…). Questi composti hanno una % di carattere ionico molto elevata e sono quelli che noi chiamiamo generalmente sali.
Alte cariche
I composti invece formati da metalli e nonmetalli dove il metallo ha un numero di ossidazione superiore generalmente a +3 sono da considerarsi composti con una bassa % di carattere ionico e quindi è possibile individuare delle molecole singole e non più ioni. Abbiamo già visto il caso del TiCl4 ma ne esistono altri.
Per esempio il tetraossido di osmio (OsO4) è addirittura un gas anche se è un ossido. Gli ossidi generalmente sono considerati sali con punti di fusione che arrivano tranquillamente sopra i 2000°C (MgO). In questo caso data la carica estremamente elevata sul Osmio, +8, si arriva ad avere un’interazione quasi esclusivamente covalente dove le singole molecole OsO4 sono apolari (data la loro geometria) e sono debolmente legate une alle altre.
Cariche intermedie
I composti formati da cationi che hanno una carica pari a +3 manifestano sì un comportamento decisamente da sale ma hanno generalmente punti di fusione nel range 200-500°C, possiamo quindi dire che questi cationi sono una via di mezzo tra i 2 gruppi descritti prima. I sali di Ferro e Alluminio hanno generalmente legami covalenti tra gli ioni più significativi e punti di fusione più bassi rispetto ai sali dei metalli alcalini.
CONCLUSIONE
Quanto riassunto nell’ultimo paragrafo non è che ovviamente una generalizzazione che ci permette di avere un’idea di quale è il comportamento del composto che abbiamo davanti senza avere nessun dato a disposizione. Le eccezioni ovviamente non mancano e per esempio il Fluoruro di Alluminio è del tutto un sale con un punto di fusione di circa 1300°C.
Il fattore principale che determina le caratteristiche di un composto formato da un metallo e un nonmetallo è da attribuire alla natura propria degli elementi in gioco, alle energia coinvolte e in misura molto rilevante alle dimensioni degli atomi\ioni.